Abiti di pizzo

Onde di tessuto che avvolgono il corpo femminile. Trasparenze che accarezzano la pelle, anticipando dettagli, senza però rivelare. Il pizzo, anche conosciuto come merletto o trina, è il tessuto che da sempre racconta una tradizione di sensualità decisa, ma al contempo composta. Una tradizione la cui prefazione risulta ancora oggi poco chiara, con memorie ed usanze da diverse parti del mondo. Il romanticismo del pizzo risiede soprattutto nella maestria dei suoi artigiani, abilità che sembra appunto non conoscere denominazione geografica, né epoca precisa.

In Italia, la storia del pizzo racconta la quotidianità delle artigiane del ricamo, a metà strada tra il folclore e la moda fai da te, da tramandare di generazione in generazione. La storia del pizzo continua a vivere anche negli abiti da donna, con un tripudio di decorazioni floreali, motivi geometrici e altre suggestioni, che a seconda del tipo di lavorazione, possono soddisfare sia un gusto elegante e classico sia una necessità più complessa e ricercata. Non è un caso che esistano due principali metodi di filatura per ottenere questo tessuto ornato e che ben si sposa con diversi stili.

Se la storia del pizzo sembra parlare più lingue, la genealogia del merletto ad ago è tutta italiana. Tale tecnica fa la sua prima comparsa a Venezia a partire dalla fine del ‘400, in un contesto rinascimentale in cui le grandi famiglie nobili italiane, come i Medici, contribuirono a dare visibilità al pizzo. Dal metodo di sfilatura del tessuto, utilizzato per ottenere le trasparenze tipiche del pizzo, si passa così al metodo inverso, quello del pizzo ad ago, che vede il merletto nascere a partire dal filo, eseguendo i passaggi di ricamo senza l’utilizzo di un supporto, ma semplicemente ricamando a partire da un'idea astratta.

La necessità di un lavoro più articolato, che coniugasse una certa bellezza visiva con una sempre più ricercata qualità tattile, fece nascere – quasi in concomitanza con l'utilizzo del merletto ad ago – una tecnica più avanzata, il pizzo a tombolo. A differenza di quello ad ago, il merletto a tombolo (o a fuselli) prevede la lavorazione di più fili contemporaneamente su un cuscino a forma di tamburo, detto appunto tombolo, coordinati attraverso l'uso di speciali bastoncini detti fuselli. I filati utilizzati per questo tipo di lavorazione comprendono sia materiali come il lino, il cotone e la seta, sia materiali sintetici.

Quando si parla di abiti in pizzo, l’immaginario comune fa riferimento ad uno stile fortemente radicato nella tradizione, lo stesso che Dolce & Gabbana omaggiano puntualmente nelle loro collezioni, utilizzando il merletto come un sinonimo della femminilità di una Sicilia in bianco e nero, sensuale e nostalgica al tempo stesso.

Nero: l’abito in pizzo nero rappresenta in toto uno stile sensuale e che seduce con il gioco delle trasparenze discrete dei merletti. Ottimo per una serata romantica o una cena in un ristorante in cui sia richiesto un abbigliamento elegante.

Bianco: l’abito in pizzo bianco rappresenta il vestito da cerimonia. Il bianco, a differenza del nero, non possiede una sensualità intrinseca. Si sposa però in grande stile con il pizzo, conferendo alle trasparenze un sentimento più nobile.

Se Dolce & Gabbana, Valentino e Chanel vedono nel pizzo un elemento capace di conferire eleganza, e per questo motivo da contestualizzare in un abito più classico, stilisti come Salvatore Ferragamo, danno una rilettura diversa del merletto, proponendo un’esperienza di stile più contemporanea che abbraccia motivi e colori diversi.

Viola: l’abito in pizzo viola mette d’accordo tradizione e modernità. Alla tecnica del merletto si abbina così un colore dal carattere forte come il viola, ancora oggi capace di dividere e risultare poco raccomandato in luoghi come il teatro.

Rosa: l’abito in pizzo rosa è perfetto per un’occasione informale, come un cocktail party o un pomeriggio galante in spiaggia. Il colore rosa rappresenta infatti una sensualità più naïf e meno impegnativa degli altri colori.